Del filamento universale
17 Ottobre 1910. Con un colpo di pistola alla
tempia Carlo Michelstaedter pose fine alla sua vicenda umana, il
giorno successivo al completamento della sua unica opera:
La persuasione e la rettorica.
Pensato e strutturato per essere la tesi di laurea dell’ autore,
il testo non venne mai disscusso di fronte ad alcuna commissione
di laurea, causa il gesto estremo del suo autore. Fortunatamente
per i posteri detta opera venne comunque pubblicata alcuni anni
piu’ tardi.
I fuoriclasse del pensiero
sono generalmente tutti
caratterizzati da manifesta precocita’ nel partorire idee
rivoluzionarie: spesso capisaldi nel percorso intellettuale
degli autori stessi
e
nel contempo pietre miliari nelle svariate branche del pensiero
umano. Carlo, che a soli 23 anni, diede forma ad un testo di
simile portata va certamente annoverato tra i suddetti
fuoriclasse.
In questi
giorni di maturita’ per 1,500 giovani Italiani, nei confronti
dei quali un insolito Gramellini, dalle colonne del Corriere del
22 Giugno 2017, ha usato parole di profondo sconforto, visto il
complessissimo scenario economico che si sta sempre
piu’delineando e nel quale essi dovranno farsi largo, trovo che
il messaggio Michelstaedtertiano meriti una ampia
riproposizione. E tale rilettura andrebbe in primis fatta dai
suddetti maturandi.
Infatti in codesto lugubre palcoscenico socio
economico il messaggio di Carlo si presta per
essere un’ ottimo manuele
d’istruzioni per il mestiere di vivere.
Da aziendalista, quotidianamente votato al
perseguimento del valore pecuniario dietro ai beni e ai servizi
offerti al mercato per il
soddisfacimento dei bisogni,
mi
associo comunque a Carlo nel
sostenere che tale soddisfacimento non possa che portarci verso
un mero dominio della vita, da distinguere inequivocabilmente
dal possesso della vita stessa.
Tramite l’ efficacissimo apologo iniziale sul
peso e la gravitazione Carlo ci apre gli occhi sul fatto
incontrovertibile che l’uomo
non puo’ in alcun modo
giungere al possesso della vita; per questo alla fine essa non
potra’ che limitarsi ad essere una mera volonta’ di vita. E cio’
e’ tanto piu’ vero quanto piu’ si trasforma la vita in quella
“stucchevola estranea”, magistralmente delineata dal greco
Kavafis,
in cui ci si vota in maniera esclusiva alla ricerca di quelle
“cose determinate” (beni e servizi), le quali diventano, per gli
esseri sociali che le anelano, da una parte coscienza e dall’
altro punto correlativo dell’ agire.
Per noi esseri sociali, fagocitati dal mercato e dai suoi
paradigmi di domanda-offerta, diventa quindi piu’calzante la
definizione di consumatori, o agenti economici, che pero’mal si
sposa con le piu’ articolate rappresentazioni del fenomeno umano
offerte, agli inizi del secolo precedente, dal rivoluzionario
Pierre Teilhard de Chardin.
Presi in una spirale senza fine
saltiamo da una cosa all’
altra persuasi dall’ idea che cio’ non possa che condurci al
possesso della vita. In realta’, cosi’ operando, il desiderato
possesso si fa sempre piu’ lontano.
Infatti
il dominio sui beni e sui servizi non puo’ di per se’ aiutare in
alcun modo la ricerca della vita, che andrebbe invece fatta
esclusivamente in noi stessi. Menzionato domino ci spinge
solamente verso la ricerca di un nuovo bisogno da soddisfare
come se, con il soddisfacimento di quest’ ultimo, si potesse
finalmente possedere la vita. Si gira quindi in tondo, in modo
infinito, cercando “ nutrimento nel futuro” persuasi di
cogliere, con l’n-esimo soddisfacimento, il senso ultimo dell’
umano peregrinare.
Non solo cosi’ operando ci ritroviamo a
soddisfare meri bisogni, la maggior parte dei quali sono
totalmente superflui,
ma non soddisfiamo in alcun
modo noi stessi.
Nel
contempo in questa rincorsa al soddisfacimento del domani, del
futuro, temiamo l’ arrivo della morte poiche’ci priverebbe dei
successivi domani a cui abbiamo ancorato le speranze di poter
possedere la vita tramite nuovi consumi.
Carlo
saggiamente evidenzia che la vita invece e’ hic et nunc e che se
la direzionassimo verso la conoscenza di noi stessi la morte,
cosi’ temuta, non potrebbe piu’ generare paura, poiche’ non
priverebbe l’ uomo di nulla.
In una
societa’ riorganizzata in funzione di questi paradigmi
perderebbero quindi valore la maggior parte dei principi di
natura squisitamente economica su cui stiamo fondando le nostre
organizzazioni sociali. Prenderebbe invece maggiormente piede
sia la presa di coscienza di noi stessi (Carlo parla di “
crezione di noi stessi”) sia il valore profondissimo dell’
attimo, da non trascurare a causa di errate persuasioni nel
futuro.
Se la
persuasione e’ allora una grave malattia che contraddistingue il
nostro tempo non da meno ne e’ la rettorica, che si presenta
ogni volta in cui l’uomo tenta la strada della personale
affermazione tramite l’ostentazione del suo sapere. Partendo
dall’assioma che l’ uomo non detiene l’ Assoluto, Carlo ci fa
presente che nel momento in cui egli vuole affermare socialmente
il suo sapere in realta’ sta solamente tentando di affermare se’
stesso di fronte agli altri. L’ autore e’ quindi dell’avviso che
quei soggetti che da una parte lavorano solo al soddisfacimento
personale in termini di aggregazione di “ cose” siano gli stessi
che dall’ altra si limitano ad “ agitare concetti” nel contesto
sociale per una personale affermazione.
A chiosa
di questa breve proposta del pensiero Michelstaedtertiano mi
verrebbe quindi da ammonire i maturandi dicendo loro: “ cari
ragazzi, voi che siete all’ inizio del Viaggio per Itaca,
giocatevi bene la partita. Non fatevi fottere da banali e
superficiali piaceri rinunciando cosi’ alla creazione di voi
stessi, in un ottica di olistica leggerezza. Abbiate un profondo
rispetto della vita e siate responsabili nei suoi confronti.
Chissa’ che cosi’ facendo non si riesca finalmente a struttuare
migliori aggregazioni sociali fondate su logiche diverse dal
mero consumismo. Buon viaggio e....buona lettura”.
IL MARE E I FIUMI DI SANREMO
Questa mattina ho aperto virtualmente i giornali e sono stato inondato
dai fiumi di parole sulla kermesse Sanremese, che anche quest’ anno
ha avuto inesorabilmente inizio.
L’ Italia ne parla e ne parla tanto: forse troppo; entrando in modo
certosino nel merito delle frasi dei comici coinvolti, degli
atteggiamenti dei cantanti – in gara e non- e dei conduttori del
caso. Ne parla a sfinimento poiché’ per il superfluo ed il banale c’
è sempre spazio in prima pagina, con articoli e
servizi sostanzialmente privi di contenuto e ricolmi di inutili
vacue parole.
In un suo articolo Domenicale Monsignor Ravasi ricordava che durante una sua
passeggiata con Mario Luzi quest’ ultimo gli disse:” viviamo in un
momento storico di eccesso di parole e di difetto di parola”. Il
volume odierno delle parole dedicate a Sanremo è prova tangibile
di tutto il peso della considerazione Luziana. Quegli articoli di
oggi difettano spaventosamente di parola.
Più in basso, troppo più in basso rispetto agli eventi Sanremesi, ci si
scontra invece con le parole dedicate al dramma di
Michele (http://www.corriere.it/cronache/17_febbraio_08/udine-lettera-30enne-suicida-1f8da898-edc8-11e6-a862-71d7d0cd9644.shtml)
: il 30enne Italiano che ieri ha deciso di porre fine al suo cammino
umano poiché l’ Italia non è stata in grado di rispettare
quanto sancito nella Sua carta costituzionale all’ articolo 4.
Quest’ultimo recita:
L’ articolo 4 della Costituzione Italiana recita: La
Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e
promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni
cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e
la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al
progresso materiale o spirituale della società
Ecco la fine della storia di uno dei 3.103.000 di Italiani disoccupati di
cui parla l’ultimo bollettino Istat di Nov 2016 sullo stato del
mercato Italiano del lavoro (https://www.istat.it/en/archive/196182 ).
Ecco tutto il peso di una delle storie umane sedute dietro quello spaventoso
numero, che è il tasso disoccupazionale giovanile e che è l’ unico
vero cancro Italiano, sul quale Mario Draghi, in tempi meno
sospetti, pose l’ accento durante la presentazione della sua
relazione annuale conclusiva in qualita’ di presidente della Banca
d’ Italia (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-governatore/integov2008/cf07_considerazioni_finali.pdf )
. Trattando dello stato di salute dell’ economia Italiana Draghi
ricordo come l’ eccessivo livello disoccupazionale produce, nel
breve termine, effetti sul risparmio disponibile (alias capacità di
investimento prospettica), sul potere di acquisto dei centri
familiari e sulla produttività del sistema economico, e nel lungo
termine, se non rimediato, potrebbe anche mettere seriamente in
discussione la stabilità’ del già fragile sistema previdenziale.
Quasi dieci anni ci dividono da tale intervento e, nonostante la crisi
economica epocale che ha colpito l’ Europa e l’ America ,
troppo poco è stato fatto per uscire dal baratro
disoccupazionale, che ha soffocato Michele e che pesa come un
macigno sulla credibilità del nostro Stato. Qualsiasi sistema deve
essere credibile per poter raccogliere consensi ed endorsment,
poiché la credibilità agisce in modo diretto sulla fiducia di un
sistema economico (produzione e consumo) e sociale, permettendo al
sistema stesso di vivere virtuose espansioni.
Non so chi fosse Michele. Non so se fosse bravo o no. So che le poche frasi
lette della sua drammatica lettera di addio sono corrette,
calzanti e terribilmente vere.
Lo Stato e i suoi dirigenti si dovrebbero vergognare di fronte ad un evento
di questa portata causato dalla Sua inefficacia.
Si dovrebbero altresì vergognare i direttori di giornali che ritengono più
importanti la passerella Sanremese.
Eppure le strade ci sarebbero se si volesse realmente riportare ricerca &
sviluppo, industria ed investimenti strutturali sul suolo Italico e
se si volesse realmente correggere il secondo cancro italiano che ‚
il numero di figli per famiglia. Quest’ ultimo è attualmente
assestato intorno all’ 1.35 rispetto al 2.1 necessario per uno
stabile ricambio generazionale. Se il trend non dovesse cambiare
flesso nel giro di pochi anni saremo un paese di vecchi con
drammatiche conseguenze sulla ricchezza del paese. So benissimo che
l’immigrazione è conditio sine qua non per poter apporre dei
correttivi al trend. Detto questo parte di quell’ immigrazione è
destinata a tornare nei paesi di origine non contribuendo in tal
modo ai consumi di beni di investimento
Pacifico è il fatto che l’implementazione di quanto sopra richieda ai
governanti l’implementazione di politiche che produrranno nel breve
termine allontanamento dai parametri imposti da Bruxelles,
in termini di debito vs PIL , deficit vs PIL e surplus della
bilancia dei pagamenti vs PIL.
Se lo faranno quel decesso avrà un senso. Se non lo faranno avrà
solamente prodotto una lacerazione non rimarginabile in una famiglia
Italiana e la fine della troppo breve vita di Michele.
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